BAMBINI NEL MONDO   

Negli ultimi vent’anni, mentre l’economia mondiale è cresciuta in modo esponenziale, il numero di persone che vivono in povertà è arrivato ad oltre 1,2 miliardi (una persona su cinque) fra cui più di 600 milioni di bambini. Dal 1989, data della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, è certamente cresciuta l’attenzione alla condizione del bambini nel mondo; non si può però affermare che questo abbia automaticamente determinato un suo miglioramento: fame, violenza, sfruttamento economico e sessuale, abbandono, guerre e analfabetismo tuttora caratterizzano l’esperienza quotidiana di milioni di bambini, in tutte le parti del mondo. Lo stesso contesto familiare, luogo fondamentale per la qualità di vita e per l’identità stessa di ogni persona, e a maggior ragione di ogni bambino, appare sempre più fragile, colpito nella struttura, nelle relazioni e nei valori su cui si basa da attacchi che spesso ne distruggono il potenziale educativo e di solidarietà. Resta quindi fondamentale, a tutti i livelli, verificare se la società che si sta costruendo giorno per giorno sia capace di offrire alle nuove generazioni vere opportunità di sviluppo, e non un percorso a ostacoli con sfide impossibili.  

UNA GRANDE STORIA

Kampala (Uganda) e Belo Horizonte (Brasile), 1993. I volontari di AVSI constatano che in questi Paesi (come anche in molti altri) ci sono centinaia e centinaia di bambini in difficoltà che i progetti di aiuto "ufficiali" non riescono a raggiungere.

Per rispondere a questo bisogno, cercano uno strumento attraverso il quale, a seconda del Paese, dei progetti già in atto e delle diverse situazioni, sia possibile garantire:

  •  aiuto materiale a bambini in famiglie bisognose 

  • sostegno a bambini ospitati in istituti (orfanotrofi, ospedali, case di accoglienza) 

  • sostegno scolastico (tasse, libri, materiale didattico, divisa) 

  • attività educative e ricreative  frequenza presso asili, doposcuola, centri di accoglienza 

  •  frequenza presso scuole secondarie, centri di formazione professionale, università.

Conoscendo a fondo le realtà in cui operano da tempo, "inventano" per questi bambini una nuova forma di aiuto, il sostegno a distanza. 

 

COS’È

Il sostegno a distanza è una forma di solidarietà che consiste in un contributo  economico stabile e continuativo destinato ad un "beneficiario" ben identificato, un  certo bambino o ragazzo che in qualche Paese del mondo ha bisogno di cibo,  medicine, scuola; nato in una famiglia da aiutare o che magari una famiglia non l’ha  mai avuta. Senza strapparlo alla sua terra, rispettando la sua cultura e anzitutto  salvaguardando la sua dignità di persona umana, con il sostegno a distanza si può  fare molto per lui. Si tratta di una scelta semplice, ma seria, perché lo spirito del  sostegno a distanza presuppone l’intenzione di mantenere il proprio impegno almeno  per qualche anno. 

Il sostegno a distanza può essere sottoscritto da singole persone, famiglie, gruppi  di amici, ma anche da scolaresche, aziende o amministrazioni locali, dando a tanti  bambini la possibilità di un futuro migliore.

Il sostegno a distanza consiste quindi in un aiuto materiale che contribuisce a  migliorare le condizioni di vita di un bambino o ragazzo. Ma cibo, casa, salute,  istruzione, aiutano la persona se vogliono dire anche sicurezza, amore, appartenenza,  autostima. Per questo, insieme agli aiuti materiali, garantiamo la presenza di persone  che accompagnano il bambino nel suo percorso, persone che hanno a cuore, in tutto  e soprattutto, il bene di ogni bambino, la sua dignità umana.      

  COME "FUNZIONA" IL SOSTEGNO A DISTANZA 

Gli interventi di sostegno a distanza sono coordinati sul posto direttamente dai  volontari di AVSI o in collaborazione con realtà locali serie e affidabili. La qualità  dell’intervento è data principalmente dalla responsabilità di chi opera sul posto,  individua i bisogni e gestisce gli aiuti. Un sostegno affinché il bambino possa  frequentare un centro di accoglienza in cui gli vengano forniti pasti, possa beneficiare  di cure igieniche e mediche, attività didattiche e ricreative, può essere più efficace di  un sostegno consegnato alla famiglia, se questa si trova in condizioni problematiche  o se non si è in grado di verificarne l’effettiva destinazione. 

La persona che segue il bambino è perciò essenziale per il tipo di aiuto offerto con  il sostegno a distanza: svolge l’importante compito di capire ciò di cui il bambino ha  più bisogno, di verificare che tragga realmente beneficio dal sostegno, spesso anche di  aiutare i genitori a diventare più consapevoli dell’importanza della cura dei propri figli.

In molti casi il sostegno a distanza integra altre attività di AVSI sul territorio, cui  contribuiscono vari finanziatori. In questo modo, accanto al sostegno personalizzato, il  bambino viene a beneficiare di un programma complessivo di sviluppo, e il contributo  del sostegno a distanza permette di moltiplicare le risorse a favore suo, della sua  famiglia e della sua comunità. AVSI riceve i contributi dei sostenitori e li versa con  cadenza trimestrale ai coordinatori locali. Sono i coordinatori locali che stabiliscono  come utilizzare i fondi a seconda del progetto e della situazione dei bambini e ragazzi  destinatari dell’intervento. Generalmente non viene consegnato denaro direttamente ai  bambini, alle loro famiglie o alle persone che li hanno in affidamento, ma piuttosto  vengono forniti beni e servizi a favore del bambino, e in alcuni casi in parte anche alla  famiglia. Spesso, infatti, un aiuto dato anche alla famiglia si rivela la strada migliore  perché il bambino abbia un beneficio diretto e duraturo (ad esempio si cerca di  migliorare le condizioni dell’abitazione, se sono tali da pregiudicare la salute del  bambino, oppure si cerca di aiutare la madre ad avviare una piccola attività generatrice  di reddito). Anche se le differenze tra paese e paese vanno riducendosi, il costo della  vita non è lo stesso in tutte le zone del mondo e quindi anche il potere di acquisto  della quota di sostegno a distanza può essere diverso. La quota di sostegno a distanza  non può evidentemente coprire tutte le spese per il mantenimento del bambino; tuttavia  il contributo annuale che noi richiediamo rappresenta un importo che in ogni paese  permette di realizzare un interventi significativi per la sua vita e la sua crescita. D’altronde non sarebbe nemmeno giusto prendersi in carico il bambino in maniera  totale. Il sostegno a distanza non è un’attività assistenziale, ma un progetto di sviluppo,  e questo significa che deve contribuire a responsabilizzare la famiglia e la comunità.  Dare un aiuto per un periodo di tempo, più o meno lungo, dà la possibilità al bambino  e a coloro che se ne occupano di raggiungere una propria autonomia. Sarà quindi  l’operatore locale a valutare quando il bambino e la sua  famiglia avranno raggiunto un miglioramento  significativo grazie all’aiuto ricevuto. Un sostegno che  termina perché non più necessario è il nostro maggior  successo. Può accadere che, per cause che non  dipendono dalla nostra volontà, ad esempio un  cambiamento nella situazione personale del bambino (il  caso più frequente è che la famiglia si trasferisce in una  località lontana) o nella situazione del paese o della città  in cui vive, non siamo in grado di continuare il sostegno  al bambino affidato. Se ciò accade, il sostenitore ne viene  informato appena possibile, con la proposta di continuare il proprio gesto di aiuto a  favore di un altro bambino bisognoso. Il sostegno a distanza, contribuendo a migliorare  oggi la vita quotidiana di migliaia di bambini e di ragazzi, può essere considerato a tutti  gli effetti un intervento di riduzione della povertà. AVSI trattiene in Italia per costi di  gestione il 10% dell’importo versato dal sostenitore. Ma cosa c’è dietro l’espressione  "costi di gestione"? Un ufficio, delle persone che ricevono le adesioni, organizzano  l’invio della corrispondenza ai sostenitori e ne registrano i pagamenti, curano e  controllano l’invio dei contributi ai coordinatori locali e quindi ai bambini, rispondono  alle domande dei sostenitori e danno informazioni, e poi ci sono le spese telefoniche,  postali, bancarie, e anche i costi di stampa di questo depliant, grazie al quale ci  auguriamo che un bambino in più possa da oggi in poi contare su un aiuto sicuro.

LA PRIMA EMERGENZA È L’EDUCAZIONE 

"Non serve regalare dei pesci quanto insegnare a pescare", dice un noto adagio. Il  primo bisogno dell’uomo, soprattutto se povero o sfortunato, è la coscienza di sé. A  questo si contribuisce con l’educazione, senza la quale nulla ha durata, nemmeno  l’aiuto più generoso. 

Il sostegno a distanza, insieme agli aiuti materiali, presuppone la presenza di  adulti che accompagnano il bambino in un percorso educativo di crescita e sviluppo.

L’assistenzialismo, infatti, non crea personalità adulte: alimenta la dipendenza,  non sollecita la persona allo sviluppo di una capacità autonoma di risposte poiché  implicitamente rimanda il cambiamento ad un futuro condizionato dal cambiamento  delle circostanze esterne. L’educazione, invece, si gioca nel presente ed è sempre  possibile. Più volte è accaduto che i bambini educati negli asili diventassero  inconsapevoli strumenti di cambiamento per le loro famiglie. 

Una proposta educativa parte sempre da un interesse alla persona considerata  nella sua globalità, ponendo attenzione alla sua famiglia, all’ambiente in cui essa  vive, alle esperienze che l’hanno segnata ed al desiderio di bene che la caratterizza. La  persona, così intesa, deve essere accompagnata ed introdotta a  tutta la realtà: questa è per noi l’educazione. 

La condizione dei bambini in difficoltà può essere  affrontata, ma soltanto laddove l’adulto consapevole del suo  compito educativo sa leggere e interpretare i gravi disagi in cui  si trovano a vivere questi piccoli. La dinamica del rapporto  adulto-bambino, tuttavia, richiede all’educatore una passione  alla verità capace di comprendere e suscitare la libertà dei  bambini, e questo avviene quando anche l’adulto prova e sperimenta su di sé la verità  di ciò che propone ai bambini. Nasce allora un coinvolgimento ed un’azione comune  che trascina reciprocamente adulto e bambino. 

L’educazione è dunque il primo fattore che rende possibile lo sviluppo per i  bambini che vivono in contesti rischiosi, ma è anche una sfida che noi tutti  raccogliamo volentieri accettando di lasciarci a nostra volta educare. 

Grande attenzione è rivolta anche alla scuola, all’istruzione e alla formazione  professionale. Da tempo gli studi sul rapporto tra economia e società dimostrano che  esiste uno stretto legame tra l’istruzione e le condizioni di vita. L’istruzione offre ad  ogni persona gli strumenti per migliorare il suo stato di nutrizione, di salute e le sue  capacità produttive. In molti Paesi, infatti, e soprattutto in quelli in via di sviluppo,  le crisi economiche hanno portato spesso a riduzioni nella componente della spesa  pubblica dedicata all’istruzione.

Le conseguenze sono drammatiche: diseguaglianza di accesso alla scuola, scarso  livello qualitativo dell’istruzione secondaria e universitaria, scarsi incentivi  all’istruzione di base per gli adulti, ridotti livelli di apprendimento, elevato tasso di  analfabetismo. Tutto ciò è un freno alla formazione di forza lavoro qualificata e  quindi più produttiva, e alla formazione di una classe politica aperta alle innovazioni  e allo sviluppo. Non c’è lavoro senza sviluppo, ma non c’è sviluppo senza lavoro.  

 

SOSTEGNO A DISTANZA: UN GRANDE SUCCESSO

 Da poche decine nel 1993, oggi i bambini e ragazzi sostenuti da AVSI sono oltre 16.000 in 30 Paesi: Albania, Angola, Argentina, Bosnia, Brasile, Colombia, Croazia, Ecuador, Filippine, Giordania, Haiti, Kazakhstan, Kenya, Kosovo, Libano, Lituania, Messico, Mozambico, Nigeria, Palestina, Perù, Polonia, Repubblica Democratica del Congo, Romania, Russia, Rwanda, Serbia, Tunisia, Uganda, Venezuela.  

Tra questi 16.000 c’è Dinho, un ragazzo di Salvador Bahia (Brasile) che vive a Novos Alagados (favela su palafitte oggi in gran parte risanata). Grazie al sostegno a distanza ha potuto studiare, laurearsi e oggi lavora come pedagogista in uno dei centri diurni per bambini e adolescenti sostenuti da AVSI dedicando il suo lavoro ai bambini e ragazzi della sua stessa comunità.

In Africa, tanti ragazzi hanno potuto frequentare la scuola secondaria o professionale trovando un lavoro e uscendo dalla logica di una vita di espedienti a cui sarebbero stati destinati. In Rwanda tante famiglie colpite dalla guerra hanno potuto avere di nuovo una casa e avviare un’attività lavorativa che le ha messe in grado di rendersi autosufficienti.

In Romania, i volontari di AVSI lavorano in ospedali e istituti dove sono accolti bambini sieropositivi. Per questi piccoli sembrerebbe quasi impossibile pensare di costruire un futuro migliore, ma con il sostegno a distanza è possibile giorno per giorno prendersi cura di loro, salvaguardando la loro dignità. Per loro il sostegno a distanza significa cibo, vestiti, medicine, ma anche educatori che passano il tempo con loro, che organizzano per loro giochi, feste, gite, vacanze, cose finora impensabili per bambini che vivono in un istituto.